Arriva nei giardini vaticani una nuova
statua, quella di San Gregorio di Narek. L’idea di donare al Papa e al Vaticano
una immagine dell’eroe della cultura armena nacque dopo la visita del Papa nel
Paese caucasico.
Gregorio di Narek è stato un poeta, un
monaco, un teologo, un filosofo, un mistico e un santo (951-1010). E’
considerato una figura centrale, quasi eroica, della storia dell’Armenia. Papa
Francesco lo ha elevato alla dignità di Dottore della Chiesa Universale il 12
aprile 2015. La Chiesa cattolica lo ricorda il 27 febbraio.
Gregorio entrò in monastero da piccolo dove
ricevette la formazione dall’igumeno Anania, che gli permise di leggere
tutte le grandi opere patristiche, sia greche che orientali. Trascorre la sua vita
nel raccoglimento, pregando, insegnando, contemplando la natura circostante. I
suoi studi lo portarono a rielaborare la tradizione ricevuta in un linguaggio
poetico. Alla sua morte, il corpo di Gregorio fu deposto nella chiesa del
Monastero di Narek nel quale aveva vissuto e divenne subito oggetto di venerazione
per la santità di vita e la profonda spiritualità. L'opera più nota di Gregorio
di Narek è il Libro della Lamentazione, una raccolta di novantacinque preghiere
in forma poetica.
Delle cronache antiche si racconta anche un
aneddoto: i vescovi designarono due monaci saggi per interrogare il santo abate
riguardo alle sue presunte eresie. Questi, però, ritennero più efficace
sottoporlo a una prova. Si presentarono allora nella sua cella, nel periodo
quaresimale di astinenza dalla carne prescritto dalla regola, e gli offrirono
un paté di piccioni come se si trattasse di pesce. Non appena entrarono,
Gregorio interruppe la preghiera, aprì la finestra, cominciò a battere le mani
e a gridare agli uccelli che lì intorno cinguettavano: “Venite, uccellini, a
giocare con il pesce che si mangia oggi”. I due monaci intesero che quella
facilità a scoprire e a liberarsi del tranello era una testimonianza eloquente
della santità di Gregorio e, pertanto, dell’ortodossia della sua dottrina.
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