Un'infanzia povera ma felice: l'avventura
umana e spirituale di Angelo Roncalli, il 'Papa buono', oggi san Giovanni XXIII, comincia in una famiglia contadina di
Sotto il Monte (Bergamo) il 25 novembre del 1881. Il padre era mezzadro e
badava ai campi di cerali, alle vigne, e ad un piccolo allevamento di mucche.
La mamma si occupava della cascina dove abitavano in circa trenta persone perché,
oltre ad essere già una famiglia numerosa (Angelo Roncalli aveva tre
sorelle maggiori e nove tra fratelli e sorelle più piccoli), nella stessa casa
abitavano anche diversi parenti. E non sempre si riusciva a mettere insieme il
pranzo e la cena per tutta quella gente. Non è un caso che nei ricordi
d'infanzia di Giovanni XXIII c'è una bugia, legata alla fame. Tutti recitavano
il rosario in cucina e il piccolo Angelo, con lo stomaco che brontolava, andò a
'rubare' i fichi secchi che la madre custodiva sotto il letto per darli ai
figli nelle occasioni speciali. Ma alla madre che gli chiedeva se avesse
appunto preso quei frutti, Angelino negò tutto. Salvo poi sentirsi male e vomitare
per il rimorso.
Poi la scuola, una pluriclasse di campagna,
lo vide per tre anni. Successivamente furono i preti del luogo ad occuparsi
della sua istruzione. Ha appena 11 anni quando entra in seminario; prima è a
Bergamo, poi a Roma. E' di questi anni una confidenza che lascia al suo diario
spirituale, il 'Giornale dell'Anima': ''Che cosa sarà di me nell'avvenire? Sarò
un bravo teologo, un giurista insigne, un parroco di campagna, oppure un
semplice povero prete?'', si chiede Roncalli. Ma nell'elenco aveva messo anche
''un vescovo, un cardinale, un diplomatico, un Papa?'', come scrivono diversi biografi,
cancellando però queste righe subito dopo per modestia.
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